Problema o Opportunità

.In due anni di divulgazione del metodo Parelli sui social media mi sono arrivati centinaia di messaggi diversi.

Buon giorno Analizzandoli meglio ho però capito che fondamentalmente sono tutti raggruppabili in due grandi categorie.

 

 

 

Ormai ho superato abbondantemente i 100 video sul canale youtube e quindi è assolutamente normale che sempre più persone mi scrivano per chiedere consigli e delucidazioni su quello che mostro. Sono molto contento che le persone trovino interessanti i miei video e questo mi sprona a cercare di dare sempre più contenuti interessanti e di qualità.

 

Quello però che mi ha incuriosito molto è che, nonostante i messaggi e l’email che ricevo siano, nel dettaglio, spesso diversi tra loro, possiamo dividere il foglio in due e scrivere da una parte i messaggi di coloro che pongono un problema e dall’altra i messaggi di coloro che invece vogliono capire il problema.

 

Ma cerchiamo di entrare nel merito di cosa voglio dire.

 

Quando una persona mi scrive: “ho un puledro che mi morde come faccio a farlo smettere” sta cercando una soluzione al problema ma non sta mostrando interesse nel comprendere il problema stesso.

Altrimenti la domanda sarebbe stata posta in maniera diversa. Avrebbe scritto: “ho un puledro che mi morde, per quale motivo ha questo comportamento ?”

 

Altro esempio: “come faccio a prendere il mio cavallo quando vado nel paddock” Anche in questo caso la domanda è rivolta a cercare la soluzione al problema mentre se avesse scritto “per quale motivo il mio cavallo non si fa prendere quando vado nel box” il significato sarebbe stato diverso. In questo caso chi scrive avrebbe dimostrato interesse per la comprensione dei motivi che portano un cavallo a non farsi prendere e non a risolvere il problema.

 

Non voglio apparire troppo filosofico nel ragionamento ma vi assicuro che per me è diventato fondamentale fare questa distinzione prima di rispondere ai messaggi.

 

E’ per me l’unica maniera per capire che tipo di persona è l’autore del messaggio. E’ chiaro che sicuramente posso commettere errori in questo ma comunque mi aiuta a rispondere in maniera più efficace per il tipo di carattere che sta mostrando di avere il mio interlocutore.

 

Purtroppo c’è una grande differenza tra chi cerca di capire e chi vuole trovare la soluzione.

Sebbene apparentemente possa sembrare che entrambi desiderano arrivare al solito risultato. Esempio prendere il cavallo nel paddock. C’è la stessa differenza tra chi vuole alleviare il sintomo e chi invece vuole trovare la cura.

 

Il programma Parelli, ma posso assicurarvi che questo vale per tutta l’equitazione Naturale in genere, si basa sulla conoscenza.

 

Non è un metodo che premia la tecnica ma possiamo dire invece che è un metodo che premia l’approccio.

 

Cosa voglio dire ?

Che quando uno studente di questo
programma trova un problema la prima esclamazione che deve fare è
“Hmmm molto interessante”

 

A questo punto qualcuno di voi potrà
chiedersi cosa c’è di interessante nel prendere un morso oppure
nell’essere disarcionati o nello stare un ora a cercare di prendere
il cavallo nel paddock, ma ciò che voglio dirvi è che è molto più
importante il viaggio che la destinazione.

 

Se al momento che abbiamo un problema
cominciamo a cercare la soluzione spesso perdiamo l’occasione per
concentrarci sulla causa.

 

Il nostro cervello da predatore ci
porta a quello che viene chiamato pensiero diretto.

Qualcosa che ha a che vedere con uno
dei nostri tre cervelli.

 

Si perché un neuroscienziato di nome
Paul MacLean ha scoperto nel 1962 che in realtà noi abbiamo 3
cervelli.

 

Quello più vecchio, detto anche
cervello rettiliano che si occupa di alcune funzioni correlate alla
sopravvivenza come la scelta e la difesa del territorio, la modalità
combatti o fuggi, l’appagamento dei bisogni fisiologici, e il
comportamento sessuale.

 

Il cervello limbico riservato alle
emozioni come rabbia e paura, al comportamento di autoconservazione,
cioè l’istinto di nutrirsi e proteggersi dai pericoli
dell’ambiente esterno

 

Ed infine il cervello neocorticale o
neocorteccia sede del pensiero critico e del linguaggio, della
capacità di adattamento, di apprendimento e di pianificazione a
lungo termine. Qui risiedono la riflessione ed il ragionamento
logico.

 

L’uso dell’uno o dell’altro non è
volontario perché in realtà da ricerche scientifiche più recenti
si è potuto apprendere come siano estremamente interconnessi. Ma la
cosa curiosa è che di solito chi è più orientato a comprendere la
causa del problema siano solitamente persone molto più riflessive,
mentre coloro che vogliono trovare la soluzione a prescindere dalla
causa siano persone più pratiche e impazienti.

 

Non voglio assolutamente dire che le
une siano migliori delle altre la mia è una costatazione e basta.

 

Certamente c’è da dire che con i
cavalli avere pazienza è una dote necessaria. E’ importante avere
pazienza sopratutto con noi stessi e darci il tempo di imparare tutto
quello che è necessario sapere.

 

Parelli dice, mettici il tempo che ci
vuole prima e ci metterai meno tempo dopo.

 

Analizzare e comprendere il motivo per
cui un cavallo ha difficoltà a salire su un van, quindi paura dei
luoghi chiusi, claustrofobia, difficoltà a mettere i piedi su
qualcosa che suona a vuoto, un predatore, noi, che lo vogliamo
mettere in una situazione dalla quale il cavallo non può scappare.
Sono tutte cose che ci servono per procedere nella preparazione
dell’animale e nella rimozione sistematica e progressiva di ognuno
di questi blocchi.

 

 

Pensare che lo si possa fare solo
costringendolo in qualche maniera più o meno coercitiva significa
non usare la neocorteccia ma usare solo la parte più antica del
nostro cervello. Quella che vuole la soluzione senza pensare alle
conseguenze. Quella che ci faceva decidere se era il caso di
combattere o fuggire, o che quella caverna fosse meglio dell’altra.

 

Noi dobbiamo cercare di smettere di essere così se vogliamo avere successo coi cavalli perché per avere successo coi cavalli dobbiamo smettere, prima di tutto, di essere e comportarci come dei predatori.

 

E’ per questo che studiare il metodo Parelli non è per tutti, ed è per questo che molti smettono appena si accorgono che non gli dona la bacchetta magica.

La magia non esiste. Il cavallo comincia a funzionare e tutti i problemi sono alle spalle solo quando noi cominciamo a cambiare atteggiamento e ad acquisire conoscenza.

 

La conoscenza non è qualcosa che si vende all’angolo della strada e neppure in libreria.

Parafrasando un vecchio detto che dice “puoi portare un cavallo all’acqua ma non puoi obbligarlo a bere” potremmo dire che possiamo leggere e studiare quanto vogliamo ma solo quando faremo nostra quella conoscenza ne trarremo i suoi frutti.

 

Spesso mi è capitato di sentire in giro che il metodo Parelli è troppo noioso o lungo da imparare .

In realtà non è più lungo di una miriade di altri sport.

 

Pensiamo un attimo alle arti marziali, se qualcuno di voi pratica arti marziali ad un buon livello si ricorderà sicuramente da dove è partito e quanti sacrifici ha dovuto fare per arrivare al livello in cui è.

 

Pensiamo al ballo. Quanto tempo ci vuole per diventare un bravo ballerino. Anni

 

E potrei continuare ancora a lungo.

 

E per aumentare le difficoltà dobbiamo considerare che le attività coi cavalli sono attività in cui entra in gioco un numero di cervelli superiore a uno. Ed in tutte le attività in cui esistono più cervelli contemporaneamente l’importanza primaria è la comprensione reciproca, il coordinamento e la partnership.

 

Quindi tutto si complica.

 

Pensate ad una coreografia in cui più ballerini devono compiere le loro evoluzioni in perfetta sincronia.

 

Pensate ad una orchestra in cui anche un solo errore può compromettere l’intero brano.

 

Ecco credo che se dovessi rispondere ad uno studente che mi chiede come possa rendersi conto se quello che fa col suo cavallo è corretto, gli direi pensa all’armonia di un’orchestra che suona. Se provi quell’armonia mentre giochi col tuo cavallo allora sì stai facendo la cosa giusta.

 

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima settimana.

 

 

 

 

 

Keep natural and stay tuned


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Da sempre sono  appassionato al dare dei riscontri scientifici a ciò che in tre decadi di lavoro con i cavalli ho potuto apprendere, pertanto ho riepilogato qui alcune ricerche scientifiche che testimoniano in maniera inconfutabile ciò che tutti i giorni riscontro nel mio lavoro quotidiano.

Credo che questi studi siano importanti perchè fanno comprendere appieno quante cose, che sono apparentemente inspiegabili, lo siano se teniamo conto di altre variabile nell’equazione finale.

·         Partiamo dalla prima, da quella del Prof. Jan Ladewig, Professore in Animal Walfare and Ethology all’università di Copenaghen Dipartimento Large Animals Sciences

L’esperimento di Ladewig consisteva nel testare un cavallo ed un cavaliere chiedendogli di percorrere un certo numero di volte un percorso ed avvisando il cavaliere che alla fine del percorso lo scienziato che lo attendeva avrebbe aperto improvvisamente un ombrello.

Lo studio ha dimostrato che, anche se lo scienziato non apriva l’ombrello alla fine del percorso, i cavalieri quando si apprestavano a raggiungere quel punto aumentavano la frequenza cardiaca e consequenzialmente anche i loro cavalli aumentavano la loro.

Questo perché in qualche maniera, ancora non scientificamente provata, il cavaliere trasmetteva la sua emotività al cavallo.

Il secondo esperimento invece coinvolge la Dottoressa Leanne Proops del Gruppo di Ricerca “Mammal and Vocal Communication and Cognition dell’università di Sussex in Inghilterra.

Questa ricerca risale al giugno 2013 ed è stata pubblicata su una rivista scientifica di cui trovate il link sull’articolo pubblicato sul mio sito web. Ma per chi mastica un po’ di inglese potete anche cercarla su google scrivendo “The Responses of Young Domestic Horses to Human-Given Cues,”

lo studio ha dimostrato che i puledri non riescono a comprendere il linguaggio del corpo degli esseri umani come i soggetti adulti.

In sostanza l’esperimento ha dimostrato, ripetendo lo stesso studio su un numero di cavalli adulti e lo stesso numero di puledri, che i cavalli adulti comprendono il nostro linguaggio del corpo in maniera nettamente superiore rispetto ai puledri.

lo stesso studio condotto sui cani invece ha dimostrato che questi ultimi riescono a leggere il nostro linguaggio del corpo in maniera ottimale anche in giovane età.

Questo è da ricondursi al fatto che il cane è un predatore come noi mentre il cavallo no ma lo studio ha dimostrato anche che i cavalli imparano rapidamente e meglio di altri animali il nostro linguaggio del corpo nonostante la barriera preda/predatore, questo giustifica il motivo di una così lunga e proficua convivenza degli esseri umani e dei cavalli nell’arco della nostra storia.

Abbiamo anche un’altro studio della Dotoressa Claudia Uller, dell’università di Cambridge in Inghilterra che ha dimostrato con un test applicato a 56 cavalli che i cavalli sanno contare, o meglio sono sensibili alla quantità intesa come numero.

Il test prevedeva di far cadere delle mele, finte per evitare l’odore, in due secchi.

I secchi non erano trasparenti così il cavallo non poteva vedere il numero di mele cadute ma solo la sequenza di caduta in ogni secchio; una volta fatte cadere le mele finte nei due secchi il cavallo era lasciato libero di avvicinarsi.

L’esperimento ha dimostrato che i cavalli sceglievano il secchio con il numero più alto di mele. Questo anche quando venivano fatte cadere due mele in un secchio ed una sola mela, grande però il doppio, in un secondo secchio.

A dimostrare che sono più sensibile al numero che al volume.

Ogni cavallo veniva testato una sola volta così da evitare qualsivoglia livello di apprendimento.

·         Infine abbiamo uno studio del ricercatore Paolo Baraglia del dipartimento di Veterinaria dell’Università di Pisa che ha stabilito che il cavallo ed il cavaliere tendono ad allineare il loro HRV in alcune situazioni. Per chi non lo sapesse, come del resto il sottoscritto prima di essermi informato, l’HRV  sarebbe il cambiamento di frequenza nell’unità di tempo. Cioè in sostanza se all’umano gli si alzava il battito cardiaco, si alzava anche al cavallo. Un po’ come nell’esperimento di Ladewig di cui abbiamo parlato all’inizio.

Ma fatta questa doverosa precisazione torniamo all’esperimento di Paolo Baraglia. Praticamente l’esperimento era costituito da tre passi:

o    Il primo consisteva nel far sedere una persona nel box con un cavallo.

o    Nel secondo il cavallo entrava insieme alla persona ed era lasciato libero di interagire con essa esplorando e odorando l’essere umano.

o    Nel terzo il cavallo veniva legato e la persona lo puliva spazzolandolo.

Ebbene nei primi due casi l’HRV si allineava mentre nel terzo caso no. Questo a dimostrare quanta differenza possa esserci tra interagire con un cavallo legato oppure lasciato libero.

Tirando le conclusioni

Tutti questi studi dimostrano quanto i cavalli siano intelligenti, sensibili e riescano a notare  anche i più piccoli cambiamenti nei nostri movimenti e/o posture. A volte senza una concreta spiegazione scientifica, come nel caso del battito cardiaco.

Ma del resto la storia ci ha abituato a fenomeni inspiegabili diventati chiari e limpidi come l’acqua dopo appena una manciata di anni.

In sostanza è un dato di fatto che i cavalli riescono a leggerci come libri aperti.

Alcuni segnali assolutamente impercettibili ad un altro essere umano sono come fari nella notte per il nostro cavallo.

Quel leggero spostamento di peso piuttosto che quella gamba spostata 3 cm più indietro possono assumere significati di qualsiasi tipo, limitati solo dalla nostra fantasia.

Ma che dire della parte nella quale ancora non siamo saliti in sella ?

Quando ci avviamo nel vialetto che ci porta al recinto del nostro cavallo o al suo box e da lontano i nostri occhi incrociano i suoi, è già in quel momento che la nostra sessione di addestramento inizia.

Si perché per il nostro cavallo ogni cosa significa qualcosa e niente significa niente, lo abbiamo appena visto.

Imparare ad usare bene il nostro linguaggio del corpo è fondamentale per una buona riuscita del rapporto tra uomo e cavallo.

I cavalli sono animali precoci per natura e siccome imparano, diversamente da noi,  per abitudini, hanno un apprendimento circa 3 volte superiore al nostro (circa 7 ripetizioni per il cavallo contro le nostre 20).

Questo gli permette di essere così facili da addestrare ma per lo stesso motivo anche così difficili da addestrare.

Sembra un paradosso ma invece è così, tutto dipende da ciò che facciamo, dal momento in cui lo facciamo e dal momento in cui smettiamo di farlo.

Per questo motivo possiamo sicuramente dire che noi addestriamo il nostro cavallo ogni attimo che passiamo insieme a lui.

Ma il nostro linguaggio del corpo è strettamente correlato alle nostre emozioni, e le nostre emozioni ai nostri pensieri. Perciò cambiando i nostri pensieri possiamo cambiare il nostro linguaggio del corpo e quindi comunicare meglio con il nostro cavallo.

La prossima volta che andate dal vostro cavallo pensate bene a ciò che avete appena ascoltato, provate a modificare i vostri pensieri e provate a controllare le vostre emozioni, soprattutto quelle negative come ansia, paura, aggressività, delusione, impotenza etc., sono sicuro che, se guardate bene, noterete un cambiamento anche nel vostro cavallo.

 

 

Da sempre sono  appassionato al dare dei riscontri scientifici a ciò che in tre decadi di lavoro con i cavalli ho potuto apprendere, pertanto ho riepilogato qui alcune ricerche scientifiche che testimoniano in maniera inconfutabile ciò che tutti i giorni riscontro nel mio lavoro quotidiano.

Credo che questi studi siano importanti perchè fanno comprendere appieno quante cose, che sono apparentemente inspiegabili, lo siano se teniamo conto di altre variabile nell’equazione finale.

·         Partiamo dalla prima, da quella del Prof. Jan Ladewig, Professore in Animal Walfare and Ethology all’università di Copenaghen Dipartimento Large Animals Sciences

L’esperimento di Ladewig consisteva nel testare un cavallo ed un cavaliere chiedendogli di percorrere un certo numero di volte un percorso ed avvisando il cavaliere che alla fine del percorso lo scienziato che lo attendeva avrebbe aperto improvvisamente un ombrello.

Lo studio ha dimostrato che, anche se lo scienziato non apriva l’ombrello alla fine del percorso, i cavalieri quando si apprestavano a raggiungere quel punto aumentavano la frequenza cardiaca e consequenzialmente anche i loro cavalli aumentavano la loro.

Questo perché in qualche maniera, ancora non scientificamente provata, il cavaliere trasmetteva la sua emotività al cavallo.

Il secondo esperimento invece coinvolge la Dottoressa Leanne Proops del Gruppo di Ricerca “Mammal and Vocal Communication and Cognition dell’università di Sussex in Inghilterra.

Questa ricerca risale al giugno 2013 ed è stata pubblicata su una rivista scientifica di cui trovate il link sull’articolo pubblicato sul mio sito web. Ma per chi mastica un po’ di inglese potete anche cercarla su google scrivendo “The Responses of Young Domestic Horses to Human-Given Cues,”

lo studio ha dimostrato che i puledri non riescono a comprendere il linguaggio del corpo degli esseri umani come i soggetti adulti.

In sostanza l’esperimento ha dimostrato, ripetendo lo stesso studio su un numero di cavalli adulti e lo stesso numero di puledri, che i cavalli adulti comprendono il nostro linguaggio del corpo in maniera nettamente superiore rispetto ai puledri.

lo stesso studio condotto sui cani invece ha dimostrato che questi ultimi riescono a leggere il nostro linguaggio del corpo in maniera ottimale anche in giovane età.

Questo è da ricondursi al fatto che il cane è un predatore come noi mentre il cavallo no ma lo studio ha dimostrato anche che i cavalli imparano rapidamente e meglio di altri animali il nostro linguaggio del corpo nonostante la barriera preda/predatore, questo giustifica il motivo di una così lunga e proficua convivenza degli esseri umani e dei cavalli nell’arco della nostra storia.

Abbiamo anche un’altro studio della Dotoressa Claudia Uller, dell’università di Cambridge in Inghilterra che ha dimostrato con un test applicato a 56 cavalli che i cavalli sanno contare, o meglio sono sensibili alla quantità intesa come numero.

Il test prevedeva di far cadere delle mele, finte per evitare l’odore, in due secchi.

I secchi non erano trasparenti così il cavallo non poteva vedere il numero di mele cadute ma solo la sequenza di caduta in ogni secchio; una volta fatte cadere le mele finte nei due secchi il cavallo era lasciato libero di avvicinarsi.

L’esperimento ha dimostrato che i cavalli sceglievano il secchio con il numero più alto di mele. Questo anche quando venivano fatte cadere due mele in un secchio ed una sola mela, grande però il doppio, in un secondo secchio.

A dimostrare che sono più sensibile al numero che al volume.

Ogni cavallo veniva testato una sola volta così da evitare qualsivoglia livello di apprendimento.

·         Infine abbiamo uno studio del ricercatore Paolo Baraglia del dipartimento di Veterinaria dell’Università di Pisa che ha stabilito che il cavallo ed il cavaliere tendono ad allineare il loro HRV in alcune situazioni. Per chi non lo sapesse, come del resto il sottoscritto prima di essermi informato, l’HRV  sarebbe il cambiamento di frequenza nell’unità di tempo. Cioè in sostanza se all’umano gli si alzava il battito cardiaco, si alzava anche al cavallo. Un po’ come nell’esperimento di Ladewig di cui abbiamo parlato all’inizio.

Ma fatta questa doverosa precisazione torniamo all’esperimento di Paolo Baraglia. Praticamente l’esperimento era costituito da tre passi:

o    Il primo consisteva nel far sedere una persona nel box con un cavallo.

o    Nel secondo il cavallo entrava insieme alla persona ed era lasciato libero di interagire con essa esplorando e odorando l’essere umano.

o    Nel terzo il cavallo veniva legato e la persona lo puliva spazzolandolo.

Ebbene nei primi due casi l’HRV si allineava mentre nel terzo caso no. Questo a dimostrare quanta differenza possa esserci tra interagire con un cavallo legato oppure lasciato libero.

Tirando le conclusioni

Tutti questi studi dimostrano quanto i cavalli siano intelligenti, sensibili e riescano a notare  anche i più piccoli cambiamenti nei nostri movimenti e/o posture. A volte senza una concreta spiegazione scientifica, come nel caso del battito cardiaco.

Ma del resto la storia ci ha abituato a fenomeni inspiegabili diventati chiari e limpidi come l’acqua dopo appena una manciata di anni.

In sostanza è un dato di fatto che i cavalli riescono a leggerci come libri aperti.

Alcuni segnali assolutamente impercettibili ad un altro essere umano sono come fari nella notte per il nostro cavallo.

Quel leggero spostamento di peso piuttosto che quella gamba spostata 3 cm più indietro possono assumere significati di qualsiasi tipo, limitati solo dalla nostra fantasia.

Ma che dire della parte nella quale ancora non siamo saliti in sella ?

Quando ci avviamo nel vialetto che ci porta al recinto del nostro cavallo o al suo box e da lontano i nostri occhi incrociano i suoi, è già in quel momento che la nostra sessione di addestramento inizia.

Si perché per il nostro cavallo ogni cosa significa qualcosa e niente significa niente, lo abbiamo appena visto.

Imparare ad usare bene il nostro linguaggio del corpo è fondamentale per una buona riuscita del rapporto tra uomo e cavallo.

I cavalli sono animali precoci per natura e siccome imparano, diversamente da noi,  per abitudini, hanno un apprendimento circa 3 volte superiore al nostro (circa 7 ripetizioni per il cavallo contro le nostre 20).

Questo gli permette di essere così facili da addestrare ma per lo stesso motivo anche così difficili da addestrare.

Sembra un paradosso ma invece è così, tutto dipende da ciò che facciamo, dal momento in cui lo facciamo e dal momento in cui smettiamo di farlo.

Per questo motivo possiamo sicuramente dire che noi addestriamo il nostro cavallo ogni attimo che passiamo insieme a lui.

Ma il nostro linguaggio del corpo è strettamente correlato alle nostre emozioni, e le nostre emozioni ai nostri pensieri. Perciò cambiando i nostri pensieri possiamo cambiare il nostro linguaggio del corpo e quindi comunicare meglio con il nostro cavallo.

La prossima volta che andate dal vostro cavallo pensate bene a ciò che avete appena ascoltato, provate a modificare i vostri pensieri e provate a controllare le vostre emozioni, soprattutto quelle negative come ansia, paura, aggressività, delusione, impotenza etc., sono sicuro che, se guardate bene, noterete un cambiamento anche nel vostro cavallo.

 

 

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